Notizie storiche

L’origine dell’Orto Botanico di Palermo risale agli ultimi decenni del XVIII secolo, epoca in cui ha inizio, nel regno di Napoli e di Sicilia, una fase storica connotata da numerose riforme e da grandi aperture nel segno della cultura europea di marca illuministica.

Evento determinante fu, nel 1779, la fondazione della Regia Accademia degli Studi di Palermo, corrispondente all’attuale Università: con l’istituzione della cattedra di Storia naturale e Botanica, l’Accademia ottenne dal Senato cittadino di potere usufruire di un modesto appezzamento di terra sul Baluardo di Porta Carini per destinarlo ad Orto botanico che servisse alla ostensione dei ‘semplici’, ovvero alla coltivazione delle piante medicinali utili all’insegnamento.

A partire dal 1781, l’Orto ebbe sede su quel baluardo dove prima si conservava la polveriera pubblica; ben presto però lo spazio a disposizione si rivelò angusto e inadeguato alle esigenze didattiche, incapace di ulteriore sviluppo, tanto che, qualche anno dopo la sua fondazione, si iniziarono le pratiche per un suo trasferimento. La nuova sede venne individuata nel piano di S. Erasmo, su una piccola porzione delle terre della Vigna del Gallo possedute dal duca Ignazio Vanni d’Archirafi, accanto alla pubblica Villa Giulia sorta nel 1777.

Il nuovo Orto venne impiantato nella nuova sede a partire dal 22 febbraio 1789. Il 9 dicembre del 1795, con la conclusione dei lavori, cominciati appena sei anni prima, esso fu solennemente inaugurato.

L’Orto appena inaugurato e di cui fu primo direttore Giuseppe Tineo (1795-1812), si estendeva su uno spazio di soli 12 mila metri quadrati circa. Inizialmente ebbe ingresso sulla via che conduceva dallo Stradone di Sant’Antonino, l’attuale via Lincoln, al Piano di Sant’Erasmo e che lo separava dalla Villa Giulia; successivamente, completati i lavori del Ginnasio, fu possibile accedere all’Orto dall’attuale ingresso sul fronte del nuovo complesso monumentale.

Il giardino era ripartito in quattro appezzamenti rettangolari (quartini) separati da due viali ortogonali, con le collezioni ordinate da Bernardino da Ucria secondo il sistema di Linneo; corredavano l’impianto del giardino fontane e vasche fra cui, all’estremità meridionale, il magnifico Aquarium, dono dell’allora arcivescovo di Palermo, Filippo Lopez y Royo.

Il complesso monumentale si componeva di un edificio centrale, il Gymnasium, sede della Schola Regia Botanices, che oltre a una sala ottagonale per conferenze comprendeva una galleria di studio, l’Herbarium, e l’alloggio per il direttore.

Lateralmente vi erano un Calidarium e un Tepidarium. Tutto, ad eccezione dell’Acquarium, era stato realizzato  secondo il progetto dell’architetto francese Léon Dufourny, il quale, costretto a rientrare nel 1793 in Francia per motivi politici, non assistette né alla conclusione dei lavori né all’inaugurazione dell’Orto.

Tra il 1796 e il primo ventennio del XIX secolo, furono operati diversi ampliamenti che conferirono all’Orto l’assetto poi conservato fino al 1896. Parti della Vigna del Gallo furono, infatti, acquisiti lungo l’estremità meridionale e occidentale dell’Orto, per impiantarvi un boschetto esotico e ricavarvi lo spazio dove fu poi sistemato il Giardino d’inverno.

Successivamente fu anche annesso lo stradone che separava l’Orto dalla Villa Giulia e nel 1819, durante la direzione di Vincenzo Tineo, subentrato nella carica di direttore al padre Giuseppe, fu possibile un nuovo ulteriore ampliamento che permise di accrescere la superficie dell’Orto di quasi un ettaro e di ingrandire, così, il boschetto già esistente.

I quarantaquattro anni di direzione di Vincenzo Tineo furono caratterizzati da numerosi tentativi, mai andati a buon fine, di aggiungere altri spazi all’Orto, al fine di renderlo il più possibile adeguato alle necessità della botanica, scienza nuova e in continua evoluzione.

Le difficoltà incontrate nel tentativo di annettere nuovi spazi devono spiegarsi, probabilmente, in relazione agli eventi che si verificarono in Sicilia durante la prima metà del XIX secolo: i moti del ’20 e del ’48 generarono, infatti, una conflittualità tra Napoli e Palermo che portò in frantumi il Regno; la Sicilia, in seguito alla creazione del Regno delle Due Sicilie, venne ridotta a lontana provincia e finì con l’essere amministrata nel malgoverno e nella speculazione; venne meno, soprattutto, l’interesse per tutti quei centri di cultura, ora ritenuti causa di tali nefasti eventi e potenziale focolaio di fermenti rivoluzionari.

Ebbe così fine il periodo in cui sovrani e nobiltà facevano a gara per promuovere le scienze, periodo che aveva visto la nascita dell’Orto e i suoi primi ampliamenti, ed ebbero inizio anni contrassegnati dal più totale oscurantismo. In un tale frangente storico divenne quasi impossibile cogliere l’occasione per ottenere un nuovo ampliamento: i tentativi del Tineo, come accennato, furono ripetutamente scoraggiati dall’ostruzionismo delle locali autorità che opponevano continui e pretestuosi ostacoli. Anche il suo successore, Agostino Todaro, cercò in tutti i modi di dotare l’Orto di spazi adeguati anche attraverso un’eventuale permuta.

L’intento era quello di scambiare un fondo non direttamente confinante con l’Orto che l’Università aveva acquistato nel 1820 con un terreno limitrofo, appartenente ai duchi Archirafi. La permuta e il conseguente ampliamento trovò soluzione solo nel 1906 con l’allora direttore, Antonino Borzì, dopo quasi cinquant’anni di lotte e lungaggini burocratiche.

Con l’ulteriore acquisizione di un terreno fino ad allora appartenuto al vivaio comunale e ceduto, dallo stesso Comune, quale indennizzo per la parte sottratta all’Orto sul lato di Via Archirafi per la realizzazione degli attuali istituti scientifici della Facoltà di Scienze, si pervenne a quello che è l’assetto attuale. Ad Antonino Borzì, oltre al merito di avere portato a termine il tanto desiderato ampliamento del 1906, si deve anche la creazione, nel 1913, del Giardino coloniale.

Parallelamente alle lotte compiute per l’ampliamento dell’Orto seguirono, a partire dagli ultimi decenni del XIX secolo, quelle finalizzate alla difesa del suo spazio. Prima il piano regolatore del 1886, successivo ad un’epidemia di colera, poi quello di ricostruzione del 1946 prevedevano lo smembramento dell’Orto e la costruzione di un asse stradale proprio al suo interno. Alla tenace opposizione del Todaro prima e di Francesco Bruno, direttore dell’Orto tra il 1939 e il 1968, poi si deve la salvaguardia della sua integrità. Sarà Bruno ad ottenere, nel 1954, dopo una personale battaglia che coinvolse anche il mondo accademico e culturale palermitano, il voto unanime del Consiglio comunale di Palermo, con cui si deliberava la definitiva e integrale conservazione dell’Orto Botanico.

 

 

 

 

 

 

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